1.10.03

E il decimo giorno si riposò

Il mio psicoterapeuta di scuola disneyana mi ha convinto a "elaborare il distacco" prendendomi qualche giorno di tempo a non fare una beneamata mazza. La sua teoria è ineccepibile. Rimanere qualche giorno in una Milano che più grigia e autunnale non si può, mentre tutta la città gira vorticosamente intorno, e praticare quest'arte zen con un numero minimo di movimenti consentito, sublimando la mia presenza in una tra le seguenti possibilità: dormire (beeeeeeello), depilarmi con la pinzetta ("dottore, scusi, io rimarrei solo una settimanella…"), trasformarmi in motore immobile. Ora, avendo vinto i campionati rionali '86-'87 di egocentrismo, avrei optato per la terza faccenda.

Tempo due ore e sono già immedesimatissima. Qui, giù, a Milano Sud, dove tutte le circonvalle sembrano le piste Playmobil, non sono gli alacri cittadini che sgommano, strombazzano e si mandano reciprocamente a cagare (ca-ca-re, riprendiamo le buone abitudini lessicali). E' la mia perfetta immobilità che dà il via all'effetto domino. E, no, mi spiace, ormai il processo è avviato, vi tenete Albertini e vi meritate anche il mucchione a Corso Buenos Aires. Forse sono stata un po' troppo proattiva (burp! rigurgito lessicale lavorativo, sorry) con i vicini, che è da due ore che urlano (nel manuale de Il motore immobile: dieci dritte per campare c'era scritto che a un certo punto sarebbe arrivata una certa Entropia; me la immagino come Michael Douglas che irrompe nel loro appartamento e li fa fuori a forza di mitragliate). Probabilmente stasera gli aperitivi saranno più rumorosi e invivibili del solito. Ma abbiate pazienza. Ci sto prendendo la mano. E poi - come si dice - dieci giorni passano in fretta.

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