Oh, come si gonfia di sdegno la sciura. Il petto le si innalza, le nari si dilatano simili a froge di destriero ardente, gli angoli della bocca si piegano in una smorfia di riprovazione. E ha ragione, la sciura. Non dovrei disturbarla chiedendole umilmente di spostarsi di dieci centimetri in modo da parcheggiare nell'ultimo lembo di asfalto rimasto libero della piazza più brutta di Milano. Ennò, che diamine. Non mentre il suo grazioso e ringhiante botolo è impegnato a defecare sul marciapiede.
29.9.03
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