6.8.03

Parto

Vediamo. Sono una pendolare di professione, e i conti con le valigie non mi spaventano. Mutande, reggiseno e spazzolino. Portafogli, che se me lo rubano faccio concorrenza al più sfigato dei boat-people sbarcati a Porto Palo (sisì, è da tre anni che ogni mattina mi prometto che sarà la volta buona che decido di dividere strategicamente i 2 elementi che fanno di me una cittadina a tutti gli effetti – documenti di identità e bancomat). I biglietti li prendo in stazione. Pantaloni, gonne (finalmente potrò guardare un'estetista in faccia... saranno due mesi), magliette, camicie. Il vestitino no, che sono ingrassata, costumechestoaRomaenonsisamai, cd nuovi che con lo stereo rotto qui non ho potuto ascoltare (una, me ne andasse UNA bene 'sto periodo). Bollette da pagare a Roma che sennò torno e trovo le ganasce alla borchia telefonica.

Decido di lasciar qui alcune cose: crema idratante, libro da tradurre (siamo scaramantici), 4 collegamenti sul desktop ad altrettante ricerche di personale e un foglio Word con una dichiarazione di interruzione di rapporto lavorativo trasudante speranza da ogni carattere. Se torno fra due settimane e trovo anche che i miei coloriti vicini di casa hanno smesso di fare cover di O'Zappatore ogni sera, comincio a pensare che in fondo 'st'estate non è stata malissimo.

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