31.8.03

Memorabilia: compie cinque anni il Movimento di Liberazione dalle Faccine

Una data storica, quella del 1998, che ha visto la nascita della speranza nei nostri cuori prostrati dall'abuso di faccine. Del resto, cosa aspettarsi da un grande vecchio dell'eversione, come acutamente scoperto da La Padania? (La Padania che ha peraltro appena puntato il dito contro il "terrorismo islamico ecoetnico" – pubblicità progresso, lo segnalo sul Barbiere - confermandosi lettura più divertente de Il Vernacoliere)

From: Zonker (zonker@fa.bo)
Subject: Lunga vita al MLF
Newsgroups: it.fan.culo
Date: 1998/09/09

ITALIANI! FRATELLI!

Si e' concluso oggi il primo congresso del Movimento di Liberazione dalle Faccine (MLF).
I vermi traditori del MLQ (Movimento di Liberazione dal Quote) sono stati espulsi con ignominia.
Quando il nostro Presidente ha annunciato la vittoria i nostri cuori si sono riempiti di profonda gioia.
Il MLF e' una fiamma inesauribile che animera' tutti i vostri cuori.
Da questo momento i dirigenti del MLF impartiranno ogni settimana le direttive generali e le direttive particolari per i poster.
La situazione di IFK e quella di tutta usenet verra' costantemente giudicata dai nostri dirigenti attraverso articoli e prese di posizione settimanali.
Gli aderenti dovranno amare i dirigenti, amare il Movimento, subordinare la propria vita totalmente, integralmente e senza nessuna riserva alle esigenze del nucleo d'acciaio del MLF , essi serviranno la causa rivoluzionaria del Movimento con il cuore colmo di gioia, ameranno il Movimento piu' della loro madre, sosterranno il Movimento con tutto il loro affetto ed eroismo, il MLF fiorira' splendidamente ovunque.
Un grande grido di dolore sale dal popolo di IFK: "Basta con le faccine!" - Abbiamo deciso di raccoglierlo.
L'azione che il nostro Movimento ha deciso di scatenare e' l'atto doveroso di chi sente il grido di rabbia e di dolore del nostro popolo e se ne fa portavoce, schierandosi eroicamente dalla parte di chi odia le faccine.
Il regno delle tenebre e delle faccine morte ha le ore contate, un futuro radioso ci attende.
I piacionatori sono i capi del regno delle faccine tenebrose, ma questo nuovo raggio di luce (il MLF) gia' riscalda il cuore dei giusti.
Questa e' solo un'alba piena di luce, il futuro sara' sempre piu' radioso perche' e' nato il MLF.
I piacionatori, questo putridume nauseante che avvelena il newsgroup, individui che trascinano la loro squallida esistenza rinnovando le orge e i bagordi di Roma imperiale, ravvivati da scandali, truffe,assassinii e suicidi, non avranno tregua.
La pazzia del piacionatore morente e' il desiderio di mettere in mostra le sue perversioni sessuali.
Ci riferiamo qui ai thread sconci che quest'anno sono cresciuti del 20%; lo spirito decadente e corrotto unisce ai gia' squallidi sentimenti del piacionamento anche l'erotismo di bassa lega.
Femmine perverse postano messaggi subdoli per attrarre i feticisti.
I loro rapporti sono improntati all'egoismo piu' schifoso e molti si ritrovano nella realta' per celebrare sabba magici e cerimonie pagane.

Per un utente aderire al MLF e' come per un assetato che ha passato una vita tribolando per procurarsi qualche goccia d'acqua, scoprire che dietro a un muro c'e' una sorgente fresca dove tutti possono bere a sazieta': la sua vita cambia completamente; da quando era bambino desiderava la sorgente, ora che l'ha scoperta alza la fronte fiero.
La marea montante del MLF e' inarrestabile, le nostre bandiere sventoleranno su tutta la rete.
I sogni della gioventu', i sogni delle nostre mamme, la volonta' dei nostri padri, lo spirito di unita' e di amore del nostro popolo, vivono in noi.
Mamma, non temere, il MLF ti asciuga le lacrime!
Moglie, non temere, il MLF ti rende l'amore!
Figlio, non temere, il MLF ti da l'avvenire!

LUNGA VITA AL MLF!!

SPARTACOOOooo!

Cristina mi guarda con l'occhio temibilmente assassino quando chiamo così la creatura. Ma a. c'ha la faccia da Spartaco (se non ci fosse la legge sulla privacy posterei le prove provate), b. quando me ne andrò da Milano ci vorrà almeno un mezzosangue romano da queste parti. Uno che quando cammina non si guarda la punta delle scarpe. Uno che non cazzia il vicino se il suo calzino è volato nel cortile dallo stendino deturpando l'idilliaco paesaggio condominiale. Uno che saluta quando entra e quando esce. Uno grande, grosso e gentile. Uno che sa che le puntarelle non sono appuntamenti di straforo con gli amici. Uno che quando soffia il vento sente il richiamo genetico del ponentino, non un'innaturale propensione a lamentarsene. Uno che gli girano le palle se deve spendere 50 euro per una cena di merda. Eddai, cazzo, a Spartaco sto augurando gran belle cose, visto il periodo di chiari di luna.

A Spartache', cresci sciccosamente coatto, sient'ammé.

30.8.03

Ti rendi conto che è ora di abbandonare una città…

… quando dopo tre anni di intossicazione (e conseguente ripulsa) da sushi, sashimi e nippofastfooderie - con parallela perdita di amicizie, crisi sentimentali e tragedie sociali varie - scopri un ristorante giapponese dove non si spende molto e fanno dei piatti di carne e degli udon da ululato. Insomma, ho esordito nei miei rapporti con Milano all'insegna di una serie di malori da pesce crudo e da wasabe (roba che ho la nausea anche solo a guardare da lontano le innocue alghe versiliesi), e li concludo con una nippo-riappacificazione. Ai segni del destino ci credo.

(pensiero acuto di notte fonda: che poi è come se i giapponesi andassero alla "Trattoria Friulana" di Tokyo e continuassero a chiedere ogni stracazzo di volta un tramezzino tonno e carciofini e l'impepata di cozze)

27.8.03

Parole, parole, parole

Paravia decide di mettere finalmente online il dizionario di De Mauro. Molto poco tempismo, dal momento che lo scopro oggi, che non ho più bisogno di minacciare di morte i colleghi che tentano di trafugarne la MIA edizione cartacea con la peggiore delle minacce "Te lo riporto tra un po'" ("tra un po'", per i digiuni di lessico scientifico, è l'unità di misura usata da astronomi e astrofisici per indicare il tempo impiegato dalla signora R. – mia vicina di casa estremamente sovrappeso e 82enne – per percorrere a passo lento la distanza tra la Terra e Sirio B). Edizione cartacea ottenuta dopo mesi di perorazioni, suppliche e autoflagellazioni presso l'ufficio acquisti dell'agenzia che, inizialmente inamovibile, giustificava i continui dinieghi con "Scusa, ma tu non hai studiato Lettere?".

Insomma, buttate pure il bookmark del Garzanti – che è un po' fetecchioso, diciamocelo – che qui oltretutto c'è quell'opzione ipertestuale goduriosissima con cui gli autistici come me possono andare avanti per ore, cliccando su tutti i lemmi pubblicati nella pagina. Chi si ricorda il vecchio Neoism? (questo è il nuovo, e neanche la Wayback Machine ne tiene traccia...)

Voci di servizio

1) Spariti i commenti al blog. Immagino sia un problema temporaneo di Backblog. Permettevano l'uso di faccine, non se ne sentirebbe comunque la mancanza.

2) Mi è giunta una mail. Evento effettivamente di per sé non meritevole di menzione, se non fosse che, a. giunge da un lettore (mamma...) di questo blog, b. mi chiede che fine ha fatto A song per day. Eh, abbiamo progetti importanti per quella rubrichetta (l'"abbiamo" non si riferisce ai miei sdoppiamenti di personalità, ma a due capocce ben distinte). Tanto ora divento un'illustre nullafacente, sto delineando universi futuri meravigliosi, su internet e non.

3) Questo template è la cosa più triste al mondo dopo le affissioni 12x9 dei megamobilifici romani sull'Olimpica (o delle parallele televendite dello stesso settore merceologico su Telelombardia). Non è proprio voce di servizio, ma ci tenevo a discolpare il mio già vituperato senso estetico.

25.8.03

Guinness di un primate

Nei 14 giorni di coma vigile romano ho letto o riletto le seguenti cose:

Le correzioni, J. Franzen
Persuasione, J. Austen
numero 7 gialli della Christie (è estate!)
Il profumo, P. Süskind (che ganza che sono, pure la dieresi)
Creatures of Habit, J. Baumgold (v.o.)

Il record parziale di prima lettura abbreviata è stato strappato da Franzen (ore cinque nette), mentre meritevole di menzione è l'ora e un quarto dedicata alla rilettura della Austen. Deludente la performance parallela con Il profumo (ben due ore e mezza). La lettrice compulsiva, intervistata sulla Gazzetta, ha dichiarato: "Non ho tenuto nella giusta considerazione la variabile 'noia'. Ma non temete, mi rifarò".
Il romanzo preppy newyorkese (acquisto fortunoso dopo essere stato – a buon diritto – abbandonato dal precedente padrone in un terminal di Fiumicino) vince il premio "Un certain régard", perché la v.o. di Barney's Version presupponeva una prima lettura in italiano, e la prova è stata quindi invalidata.

Le correzioni, dunque, è in lotta testa a testa con Romanzo criminale per il premio "Lettura compulsiva 2003". Presumibilmente il voto finale verrà ricavato in base alle differenti condizioni del campo su cui la prova è stata effettuata: entrambi su un Eurostar (con coda casalinga per la lettura concentrata del finale); per De Cataldo si è però trattato di una tranquilla domenica sul Roma-Milano, frequentata da disperati (e silenti) pendolari, mentre il Franzen è stato ostacolato da un Milano-Roma infrasettimanale in cui anche le tappezzerie erano state rivestite da turisti spagnoli particolarmente festosi e chiacchierini.

6.8.03

Parto

Vediamo. Sono una pendolare di professione, e i conti con le valigie non mi spaventano. Mutande, reggiseno e spazzolino. Portafogli, che se me lo rubano faccio concorrenza al più sfigato dei boat-people sbarcati a Porto Palo (sisì, è da tre anni che ogni mattina mi prometto che sarà la volta buona che decido di dividere strategicamente i 2 elementi che fanno di me una cittadina a tutti gli effetti – documenti di identità e bancomat). I biglietti li prendo in stazione. Pantaloni, gonne (finalmente potrò guardare un'estetista in faccia... saranno due mesi), magliette, camicie. Il vestitino no, che sono ingrassata, costumechestoaRomaenonsisamai, cd nuovi che con lo stereo rotto qui non ho potuto ascoltare (una, me ne andasse UNA bene 'sto periodo). Bollette da pagare a Roma che sennò torno e trovo le ganasce alla borchia telefonica.

Decido di lasciar qui alcune cose: crema idratante, libro da tradurre (siamo scaramantici), 4 collegamenti sul desktop ad altrettante ricerche di personale e un foglio Word con una dichiarazione di interruzione di rapporto lavorativo trasudante speranza da ogni carattere. Se torno fra due settimane e trovo anche che i miei coloriti vicini di casa hanno smesso di fare cover di O'Zappatore ogni sera, comincio a pensare che in fondo 'st'estate non è stata malissimo.

5.8.03

L'ineffabile, ovvero: se chiedessi una fricassea di rognoncini in glassa di gelsi vivrei meglio

Non mi piace il latte fatto bollire/scaldare. Non mi è mai piaciuto. Saprei riconoscerne il sapore anche di una quantità minima, lasciata raffreddare, e versata in un bigoncio di latte fresco. Non parliamo poi delle differenze di aziende produttrici. Potrei tentare il blind test. Ognuno nella vita nasce con un'abilità che lo rende persona unica. Nureyev ballerino, io sommelier di latte. Sì, forse il karma esiste...
Comunque, questo dono di natura mi pone nella scomoda posizione di essere la cosiddetta "avventrice cacacazzi da bar". Ho il massimo rispetto per il lavoro altrui. Giuro, vorrei sempre causare il minimo disturbo possibile con le mie richieste. La famosa scena di Harry ti presento Sally in cui Billy Crystal teorizza l'esistenza de "la donna ad alto mantenimento" mi mette in imbarazzo per la categoria cui mi pregio di non appartenere. Però il latte caldo mi fa schifo. Posso derogare su un cappuccino comune solo nel caso io abbia la matematica certezza che sarà un capolavoro di cappuccino, in cui la schiuma (quella mi piace) abbia una consistenza quasi cremosa.

Altrimenti, per andare sul sicuro, chiedo un "cappuccino col latte freddo". Non lasciatevi ingannare dall'apparente semplicità dell'assunto. Ci son voluti anni di studi (e di beveroni imbevibili) per coniare la locuzione che semanticamente meglio esprimesse la mia richiesta.
Analizziamola parola per parola.

Cappuccino: la parola rimanda al concetto di quella particolare tazza, con quella particolare quantità di caffè (equivalente a un caffè singolo). NON il bicchiere del latte macchiato (sennò chiederei un "latte freddo macchiato"). NON il bicchiere del caffellatte in cui una volta, in pieno dicembre, con 2° C, mi è stato portato il beverone composto da: latte ghiacciato e caffè ghiacciato, residuo di un bottiglione di due estati prima a giudicare dal retrogusto.
Il vantaggio del cappuccino col latte freddo è quello di essere solo freschino d'inverno, e solo tiepidino d'estate. Ho detto che non mi piace il latte caldo, non che amo farmi venire attacchi di colite in un esercizio pubblico.

Ok, abbiamo fatto scendere la quantità di caffè da cappuccino in una tazza da cappuccino. Veniamo al secondo step: col latte freddo. Qui ci si gioca una carta importante. Non basta aver trovato la locuzione che meglio circostanzi il prodotto richiesto. Bisogna improvvisarsi dei novelli Lawrence Olivier per darle anche l'intonazione giusta, che non ammetta equivoci o ambiguità di sorta. Perché ambiguità ce ne sono, come ti fanno notare i *veri* cacacazzi che ti dicono: "Ma guarda che si chiama cappuccino perché la schiuma, che ne è ingrediente essenziale, forma come un cappuccio che...". Nessuno ha mai detto che la lingua è una scienza esatta. Provateci voi a dargli un nome esplicativo, se ne siete capaci.

Io giuro, e giuro perché poi magari sembra che esageri, ma ecco in questo caso non esagero affatto, giuro che tra le tante disavventure (tra cui quella di esser costretta a scrivere e stampare un foglio di Word con l'esatta preparazione dell'esotica bevanda, perché il bar che ci portava le ordinazioni in ufficio sembrava non capire la mia richiesta), giuro che ho visto una volta una barista mettersi quasi a piangere nell'ilarità generale degli avventori, e nell'imbarazzo mio di dover fare la parte dell'avventrice cacacazzi. Era arrivata al secondo step senza intoppi. Probabilmente quella mattina, assonnata, avrò omesso l'intonazione quantitativa delle sillabe nel recitare il mio mantra da bar. Il bar è quello solito delle mie colazioni. La ragazzetta è nuova. Ahia. Comincio a seguire con apprensione i suoi armeggiamenti. Ha davanti solo una tazza da cappuccino, il mio, e ha in mano sia il bricco col latte scaldato, sia il tetrapak col latte fresco. Intervengo soavemente ma con una nota di terrore nella voce: "Guarda, mi basta solo il latte freddo". Mi guarda. C'è il vuoto nei suoi occhi. Quello che probabilmente c'è negli occhi di un militare di leva mandato in missione in mezzo ai cacciatori di teste.

Sorrido, comprensiva e paternalistica. "Guarda, basta riempire la tazza di latte freddo, esattamente come faresti col latte caldo". Accanto a me, due signori ridacchiano a volume zero. Tento di spegnere la targa luminescente "cacacazzi" che mi lampeggia in fronte, e sorrido benevola ai signori. Errore clamoroso. La barista ha avuto tempo e modo di riempire a metà la tazza con l'ingrediente giusto, ma, mentre sto di nuovo volgendo lo sguardo verso di lei, colgo con la coda dell'occhio la scena terrificante in cui dal bricco del latte vaporizzato schiuma e latte caldo stanno scendendo inesorabili nel MIO EX cappuccino col latte freddo.

"NOOOooo...". Inutile tentare di rimodulare l'esclamazione in corsa. L'urlo di dolore e di rabbia è trapelato da quelle vocali strozzate. Il volume delle risatine si alza. La barista mi guarda tremolante. Tento di togliere il sottofondo di stizza dalla frase "E' semplice... tazza da cappuccino... caffè caldo... latte FREDDO... STOP!", ma la voce che esce fuori è ultraterrena, appartiene a qualcun altro, NON E' LA MIA! La barista è basita. Un luccicone le brilla tra le ciglia da cerbiatta abbandonata in mezzo a un mondo di leoni dalle peculiari galatto-preferenze. Gli altri leoni ruggiscono dalle risate. Io sono di un'elegante tinta tra il ciliegia e il bordeaux che Valentino mi invidierebbe tantissimo.

Giunge il proprietario del bar, in soccorso di noi tutti. Convoglia la cerbiatta verso un più ortodosso caffè macchiato, mi fa il mio cazzo di cappuccino col latte freddo comme il faut, che viene trangugiato e pagato nello stesso secondo per agevolare la mia precipitosa fuga.

Baristi di tutto il mondo, vi prego, è semplice. Se volete faccio arrivare anche a voi la ricetta. It's easy, it's fun. Fatemi il mio cappuccino come dico io. Io in compenso continuerò a mangiarmi quei soprammobili di gommapiuma che avete il coraggio di chiamare "brioche".

2.8.03

Un ricordo

di quel 2 agosto di tanti anni fa, di cui riacchiappo a stento confusi flash da tg. Non c'è stato un episodio a scalpellarmelo nella memoria come quello accaduto a Stefano, che lo ha raccontato su it.arti.musica.rock.

Ero in treno, quel giorno.
Si stava andando al mare, con nonna Edler e nonno Carino.
Non impressionatevi coi nomi (anzi, credo che Carino sia un Vedber all'anagrafe...), dalle parti di Ferrara e' piuttosto comune un'onomastica a dir poco stramba: retaggi anticlericali, piu' che altro.
Meta, come ogni anno, Lido delle Nazioni (be', non e' esatto: a volte pure Pomposa) : partenza da Porta Venezia alle 6.30 di mattina. Arriva il tassi' per portarci in Centrale, un lusso della madonna, i miei mi avrebbero fatto sgambettare con le valigie e via andare...
Traggo vantaggio dall'anzianita' dei congiunti senza rimorso alcuno e arriviamo in stazione per fare il biglietto: la linea che sceglievano loro era sempre Milano - Mantova Suzzara - Ferrara.
Ora non esiste piu', l'hanno dismessa da anni. Era vecchia , lenta e credo avesse anche un tratto non di proprieta' FS: il vantaggio che aveva era che mettevi secchiello, paletta e formine nello scompartimento e le tiravi giu' dopo 4 ore, senza corse e rincorse per acchiappare coincidenze...

"Biglietti, grazie"

Mi stavo addormentando, 'sto rompic...
Vicino a mia nonna, una ragazza sui vent'anni lo porge al controllore:
"A che ora arriviamo a Bologna ?"

[Che sfigata, ha cannato treno ih ih...]

"Non ferma a Bologna, signorina"
"Come, non e' quello che va a ferrara ?"
"Sì, ma e' la linea per mantova"
"No, ma io devo scendere, come faccio, devo incontrarmi a Bologna per le 10..."
" Eh guardi, oramai deve aspettare la prossima: e poi non le conviene neanche. Dovrebbe tornare indietro e non farebbe piu' in tempo...noi verso le 10 e mezza siamo a Ferrara, veda lei"

Ai tempi mica c'erano i cellulari come adesso, che e' un'attimo avvisare: il puntello era sacro e inviolabile, ora e' un work in progress :)
Cmq la fanciulla resta nello scompartimento e mia nonna, per consolarla, gli attacca un bottone da sfinimento: una vera portinaia conosce tutti i trucchi del mestiere, d'altronde...

Si scende, saluti, l'autobuss per i lidi, tranquilli in agenzia a ritirare le chiavi.
Il tipo ha una faccia strana nell'accoglierci: "Ah, siete arrivati: avranno gia' telefonato due o tre volte..."
"Eh la peppa, sara mica successo qualcosa a casa..."
"Non sapete ? Un esplosione a Bologna, sembra una bomba..."

Io non riconoscerei piu' quella ragazza neanche se me la trovassi a un metro, ma ogni anno penso a lei, la sfigata che sbaglio' il treno il 2 Agosto 1980.

Ofelé, fa el to mesté, ovvero: come la teoria dell’usabile panificazione ha globalizzato l’orrendo ferrarese

Visto che il mio sottoutilizzo professionale (vd. post sottostante) mi permette di avere ora molto più tempo, mi sto dando a pratiche di inutile cazzeggio in rete, per recuperare dinamiche e discussioni che spesso e volentieri mi son sfuggite nella convulsione delle famigerate deadline (nomen omen).

E’ da un paio d’anni che, parlando con studenti e studentelli che commentano miei lavori (su testi e piani editoriali non sento ragioni, almeno fino a che non sapranno scrivere in italiano; la pugna si svolge su alberi di navigazione e interfacce front/back-end), mi sento rimproverare la mancanza di “usabilità” (è Nielsen il vero globalizzatore! neanche lo linko, per spregio), con lezioni di vita e professionali che superano in supponenza uno Sgarbi della Gestalt (o come diamine la chiamano ora in quei costosissimi corsi di formazione per futuri disoccupati che si gonfieranno di sdegno nello spiegare al cumenda della fabbrichetta di formaggi che no, il puntatore a mucca non è riconosciuto dal w3c, che non è corretto mettere famiglie di font serif – ma a lui PIACE il Times! - e che loro si RIFIUTANO di derogare fino a questo punto alla loro ferrea etica nielseniana).

Bene, allora, voi che ne sapete, posto che il mio lavoro è merda non usabile, mettete dieci persone davanti allo stesso sito di vostra scelta, usabile o meno, e mi gioco parte dello stipendiuccio di agosto (l’ultimo, forse), diciamo un 100 euri, che non ce ne sarà una che interpreterà allo stesso modo l’interfaccia che si trova davanti. E se lo farà, sarà per dirvi: “oh, ma son tutti uguali sti siti”.

Per raccogliere il guanto, l’indirizzo mail ce l’avete lì nella barra di sinistra. Non sarà usabile, ma anche un browser vocale riesce a trovarvelo.

(a proposito di mucche e formaggi, quest’alpestre delizia l’ho trovata cercando materiale per il mio lavoro. Giuro che, dopo aver letto le informazioni che mi servivano, ridevo come un’imbecille, divertendomi a passare e ripassare il puntatore sul movie per sentire il campanaccio. A Nielsen verrebbe il coccolone. Io, sgamatissima lettrice di Salon, Wired, etc., quel sito ce l’ho tra i preferiti – anche il reblochon, ma quella è altra faccenda...)

1.8.03

Senza parole...

... se non quelle che, bontà sua, il Barbiere della Sera mi ha gentilmente pubblicato.

So di aver sempre avuto fiuto, ma la creazione di un blog a scopo di sfogo solipsistico mai fu più tempista.

Né altrettanto menagrama.