30.8.07

Tu si 'na malafemmina

Ti rendi conto che tu e la femminilità avete qualche conto in sospeso quando:
- dedichi metà delle vacanze a un seminario di arti marziali per prenderti a bastonate per sette-giorni-sette;
- le piante dei tuoi piedi, di conseguenza, si trasformano in un romanzo dell'orrore scritto in braille,
- e non chiami nel panico la pedicurista;
- davanti a uno sciacquone incassato a muro che perde ti viene l'inopinata voglia di metterti a giocare con galleggianti e tubi invece di una più sana crisi di nervi;
- porti religiosamente a lavare il mezzo a due ruote;
- al fidanzato che ciangotta felice a proposito della macchina che vuole comprarsi, prodigo di dettagli su colore della carrozzeria e delle tappezzerie, chiedi spazientita: "Sì, ma che motorizzazione?"

Sto trattenendo il respiro

... in attesa che l'Unione europea rimpingui gli introiti della Finanziaria 2008.
Mi rendo conto che potrei morire cianotica, sì.

17.8.07

E il serpente? Che dice il serpente?

Il vescovo di Locri non è che dica cose fuori dal senso - a patto che nel "senso" si voglia far rientrare quell'ineludibile sottosenso cristiano del "Siamo nati per soffrire. Amen."

Anzi, forse negli appelli del vescovo di Locri alle donne della 'ndrangheta c'è una suggestione brillante, anche dal punto di vista di una laica praticante: se il nucleo su cui si fonda la criminalità di stampo mafioso è la famiglia, un aiuto forte nello spezzare gli anelli della catena potrebbe venire dalle madri, mogli e sorelle mafiose. Suggestivo, eh?
Certo, c'è da sospendere il dubbio, e passare sopra il fatto che il concetto di "famiglia" in 'ndranghetese, o mafioso in senso lato, non implica un atto di copulazione a scopo riproduttivo, né un papà-mamma-e-passeggino in marcia trionfante verso la piazza del Family Day; ma abbandoniamoci comunque alla suggestione, e facciamo finta che funzioni, che in fondo a Rosetta Cutolo battesse un còre de mamma e non quello di una furfante di professione.

Solo che poi a un certo punto il vescovo di Locri svalvola, e di fronte alle telecamere del Tg1 arriva ad affermare che le faide avvengono per decisione delle donne e che gli uomini sono meri esecutori. Ah, ecco. Ora vallo a spiegare a quelli che hanno progettato le carceri di massima sicurezza, con tutti quei cessi per uomini; e chi farà la strigliata di capo a quegli agenti delle forze dell'ordine che si sono fatti sfuggire Crocifissa Provenzano per acchiappare quel pesce piccolo di Bernardo?

Non so perché (figura retorica), ma negli ultimi anni, in quanto donna, sto sviluppando una certa sindrome da accerchiamento. Per amore di dialettica mi ci metterei pure a discutere con lorsignori, ma credo che impiegherò più proficuamente il mio tempo nella ricerca di una tutina ignifuga. Me l'ha consigliato il serpente.

7.8.07

O con Franza o con Spagna, basta che se magna

Quello che segue è un estratto da rant telefonico di fidanzato lontano.

"Mi sto cucinando la tua pasta biologica. Ah, fa schifo. Vabbé, insomma, stavo mettendo il tuo sale himalayano, ma lui ha cominciato a fare 'pffffft' qui e 'pfffft' lì. Ora devo usare il suo sale di Salaminchia, perché il tuo sale himalayano è solo salgemma, invece il suo è marino e devono averlo raccolto durante il plenilunio, ed è molto meglio. E comunque siete due nazisti di merda. Io sono un povero ragazzo americano che fino all'altroieri mangiava la pasta e metteva il sale. Già mi sono dovuto adeguare col milione e mezzo di vini. Adesso pure il sale. Vi odio."

6.8.07

Some Velvet Morning

Some velvet morning when I'm straight
I'm gonna open up your gate
And maybe tell you 'bout Phaedra
And how she gave me life
And how she made it in...

(sniff)

4.8.07

Dubbio: ringraziare gli amici dal blog è indice di scarse abilità di socializzazione?

Boh?
Intanto, grazie Massime'.

C'è del largo in Danimarca

Non ho mai particolarmente amato l'Italia. No.
I rapporti tra me e o' paese d'o sole sono piuttosto tesi.
E non è una paturnia radical-scic da età adulta, giuro.
Io l'Italia l'ho sempre cordialmente detestata.

Fin da bambina subivo come una sorta di invisibile e onnipresente forca caudina la sfilza di eventi all'insegna del cerchiobottismo (in seguito riciclati, ripintati ed esportati con successo come 'machiavellismi') che vanno sotto il capitolo "storia italiana". Mi vergognavo per la costanza con cui riuscivamo a inanellare figure da cioccolatai. Ma mica perché perdevamo le guerre, no. Era il misto di insopportabile faccia da culo e criminale ingenuità con cui affrontavamo eventi più grandi di noi che mi mandava ai matti. E poi coma si fa a uccidere Corradino di Svevia, perdìo?

Guardavo la mia compagnuccia delle elementari, e non le invidiavo il già notevole stacco di coscia, né il capello biondo grano, né la casa che sembrava appena uscita da uno di quei mobilifici tutti wengé-cromi-e-acciai con le vasche da bagno a forma di fagiolo sgusciato. No. Le invidiavo la mamma svedese e la nonna che abitava in una città dal nome irripetibile. Perfino gli orrendi maglioni finto-lapponi erano oggetto di desiderio.
Guardavo la prima débacle calcistica italiana di cui sono stata testimone cosciente, e alla prima salva di "E' colpa dell'arbitro" ricordo perfettamente una fitta dolorosa di disprezzo verso una nazione che stava vivendo un momento di rimozione collettiva. "Non siamo stati noi! Noi siamo sempre bravi!".

E così anche io mi sono data alla rimozione, e ho deciso che avrei avuto origini danesi. Avevo un libro di Andersen in mano, mi piacevano le illustrazioni con le casette a traliccio e in qualche secondo era fatta. Ricordo l'immediato sospiro di sollievo. Tanto avevano potuto sulle mie spallucce bambine pochi anni di italianità.

Chiaramente è già da qualche anno che sono pienamente cosciente di non avere niente a che fare con la Danimarca (non l'ho neanche mai vista), ma i nostri rapporti evidentemente non sono finiti qui. L’altro giorno, in un momento di shopping compulsivo all’estero (dove i saldi sono saldi...), mi si appanna la vista di fronte a una maglia bellissima. Di una marca danese che negli ultimi anni è diventata piuttosto conosciuta anche in Italia. E infatti la maglia l’avevo già vista a Roma. E l’avevo provata. Solo che mi stava tipo laccio emostatico. Con la commessa che continuava a dirmi: “Eeeeh, questa linea la fanno fino alla M... sa com’è...”.

No, non so com’è, perché ora di fronte a me c’è il laccio emostatico, taglia L. E non mi sta a laccio emostatico, mi sta bene. E costa la metà che a Roma. La capitale della nazione dove indossare dalla taglia 46 in poi corrisponde a un crimine da punire con la mortificazione dei sacchi di patate della collezione Elena Mirò. E la commessa straniera si fa un sacco di risate quando le racconto l'episodio. “Vuoi vedere la XL?”.

No, non la voglio vedere la XL, voglio vedere la faccia della commessa romana quando le sventolerò sotto il naso il laccio emostatico in taglia L, insieme alle statistiche sulle misure vitali delle donne danesi. Il debito di riconoscenza verso la nazione che anni fa mi ha salvato da una verità troppo pesante da sopportare è oggi ancora più grande. Large, indeed.

3.8.07

Relazioni a distanza: come sopravvivere alle partenze

[...]
Tentativo #38345
"Meno male che torno al lavoro, che io senza far niente proprio non ci riesco a stare..."
Tentativo #38346
"Cheppalle, non se ne poteva più di quelle belle giornate con 23°C! Vuoi mettere il sole italiano?"
Tentativo #38347
"Evvai! Sono arrivata a 19mila miglia da frequent flyer! Dai, che con altri 8 voli in 3 mesi vinco il pratico e colorato borsone mare!"
Tentativo #38348
"Cosa c'è di meglio di una bella botta di insonnia per aggiornare il blog?"
[...]

1.8.07

Tu chiamale se vuoi: opinioni

In inglese c'è questo aggettivo, opinionated, che a tradurlo cosí, letterale letterale, ti dà l'idea di una connotazione qualitativamente neutra: "che ha opinioni".
Proporlo a una platea di uditori italiani poco avvezzi all'albionico idioma, ma magari versatissimi nella tricolore arte dell'oratoria da barsport, poi, potrebbe addirittura suscitare l'ilarità generale per la banalità semantica: "Eccemancherebbe... cazzo campi a fare se non hai opinioni?"

Insomma, io quando sono incocciata in questo aggettivo per la prima volta, rendendomi conto che si porta dietro una connotazione negativa, del tipo "uno che ha opinioni e non si fa scrupolo di farlo sapere al mondo", ed essendo io persona che le opinioni ama dispensarle (non a tutti, ma a pochi scelti sí, e a pacchi), insomma ci ero rimasta un po' male pensando che a un qualunque anglo-sassone io potessi apparire opinionated. Insomma, noi italiani magari ci facciamo poco caso, ma le opinioni personali sono tema assai delicato, e nel sentire comune degli altri, magari poco avvezzi al barsport, possono apparire anche assai invasive.

E cosí, pur avendo posto al fidanzato anglofono tutta la sfilza di domande di ordinanza ("Do you think I'm beautiful?" "Do you love me?" "Do I look fat in this?") mai mi ero arrischiata a porgli il cruciale quesito: Do you think I'm opinionated?

Fino a ieri sera. Quando sono incocciata nell'amico francese del fidanzato, nel campione mondiale di opinioni dispensate per minuto, nel Gervasetto cisalpino. Dopo due minuti di conversazione, non ce n'era piú per nessuno: la casa del mio fidanzato andava rifatta cosí e colí; la sua società doveva occuparsi di questo e di quello; la Francia sta messa politicamente peggio che l'Italia (qui hanno riso anche quelli del tavolo accanto, e la conversazione non si svolgeva in Italia...); il miglior modo di metter su una work station casalinga; il miglior cibo giapponese; la migliore erba (la conversazione si svolgeva in luogo depenalizzato); et caetera, in saecula saeculorum. Nessuno osava contraddirlo. Amen.

Tornati a casa, prendo finalmente coraggio.
"Wow... your friend really... ahem... likes to discuss about everything..."
"Hell, yeah... he's really opinionated."
"Oh... do you think I'm opinionated too?"
"Yeah... but in a good way."

(phew)